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Il gioco d'azzardo durante il lockdown
Riflessioni su uno studio del Cnr
Secondo le evidenze dello studio Gaps#iorestoacasa condotto dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa, durante il periodo di lockdown (marzo-maggio 2020) vi è stata una generale diminuzione del gioco fisico, con più del 35% dei giocatori che ha ridotto le puntate e quasi il 23% che ha smesso, mentre un intervistato su tre ha dichiarato di aver aumentato le giocate online.
Tra i giocatori prevalentemente offline, il 12% ha continuato anche durante l’isolamento e circa il 10% ha puntato sul web.
Partendo da questi dati, è lecito interrogarsi sul livello di gravità di molti soggetti che usualmente giocano. Infatti, come si spiega il fatto che oltre il 50% dei giocatori intervistati abbia bruscamente smesso di giocare o ridotto il volume di gioco senza che tutto ciò si sia riflesso in aumento della domanda di aiuto?
Durante il lockdown, infatti, è registrata una riduzione della richiesta d’aiuto, non solo (come immaginabile) presso i servizi per le dipendenze, ma anche nei confronti dei servizi di supporto e terapia a distanza di cui si ha conoscenza, Gambling Online Therapy in primis. Un trend quest’ultimo che, terminato il lockdown, si è invertito prontamente.
E allora è sufficiente ridurre effettivamente l'offerta affinché le persone smettano di giocare o riducano in modo rilevante il gioco?
Se questo accade senza apparenti effetti sui comportamenti e sugli stati affettivi, probabilmente la componente disfunzionale alimentata dal contesto sociale è molto maggiore della componente patologica?
Indubbiamente, l’aspetto patologico del gioco rimane pesante, ma riguarda un numero limitato di soggetti: probabilmente coloro i quali, in numero rilevante secondo i dati dello studio Cnr, si sono orientati all'online.
Fonte: https://www.cnr.it/it/nota-stampa/n-9513/il-gioco-d-azzardo-al-tempo-del-covid-19