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01-11-2020

La terapia cognitivo-comportamentale online per il gioco problematico

La terapia cognitivo-comportamentale online per il gioco problematico

Un recente studio (Rodda et al., 2019) analizza il punto di vista di diversi terapeuti attivi nei servizi per le dipendenze e contestualmente coinvolti in un programma di terapia cognitivo-comportamentale online (ICBT) per il gioco problematico.

I terapeuti intervistati riportano esperienze positive, nonostante alcuni problemi pratici relativi all’assessment dell’idoneità dei partecipanti al programma e alle difficoltà di mantenere ingaggiati i pazienti. Benché siano ancora poche evidenze scientifiche relative all’efficacia delle ICBT rispetto a determinati gruppi di popolazione (variabili socio-demografiche e comportamenti di gioco), è chiaro che trattamenti maggiormente personalizzati potrebbero migliorare la ritenzione in trattamento dei pazienti e gli esiti della terapia.

A tal proposito, le ICBT per il gioco problematico dovrebbero essere realizzate il più possibile “su misura”, per proporre al singolo paziente, o alla specifica categoria di pazienti, dei contenuti efficaci, omettendo invece quelli non utili per il miglioramento degli esiti terapeutici. Ad esempio, si potrebbero offrire moduli terapeutici supplementari e specifici ai pazienti multiproblematici, soggetti ad attacchi di panico oppure depressi, etc.

Con riferimento ai problemi di gioco, la letteratura riconosce tre distinti profili di giocatori: coloro i quali sono soggetti soltanto a un condizionamento comportamentale; coloro i quali hanno vulnerabilità emotive (es. disturbi dell’umore, una storia di traumi); coloro i quali sono caratterizzati da propensione al rischio e impulsività (Blaszczynski e Nower, 2002). Personalizzare una ICBT sulla base di tali profili avrebbe il vantaggio di proporre contenuti rilevanti per ciascun paziente, in modo appropriato e conciso.

Anche se spesso i terapeuti dichiarano di voler integrare l’ICBT con approcci più tradizionali, nella maggior parte dei casi la più significativa barriera a quest’opera di sintesi è la mancanza di flessibilità (Titzler et al., 2018). Per realizzare approcci terapeutici genuinamente blended risulta preferibile il co-design a priori piuttosto che l’integrazione a posteriori, oltre ovviamente a una attività di formazione preliminare dei terapeuti.
A tal proposito, è importante considerare sia la distinzione tra le varie modalità di erogazione del servizio (counselling vs terapia, appuntamento vs risposta live alle richieste dei pazienti), sia la tempistica (se, come e quando alternare interazione face-to-face ad altre modalità), sia le diverse tipologie di supporto a distanza (email, telefono, chat, forum).

 
Fonti:

Blaszczynski, A., & Nower, L. (2002). A pathways model of problem and pathological gambling. Addiction, 97(5), 487-499.
Carlbring, P., Andersson, G., & Kaldo, V. (2011). State-of-the-art treatment via the Internet: an optimistic vision of the future.

Rodda, S. N., Merkouris, S., Lavis, T., Smith, D., Lubman, D. I., Austin, D., ... & Dowling, N. A. (2019). The therapist experience of internet delivered CBT for problem gambling: service integration considerations. Internet interventions18, 100264.

Titzler, I., Saruhanjan, K., Berking, M., Riper, H., & Ebert, D. D. (2018). Barriers and facilitators for the implementation of blended psychotherapy for depression: A qualitative pilot study of therapists' perspective. Internet interventions, 12, 150-164.